Una conversazione fra arte e musica per Luisella Carretta e il libro “Foglie Vento Sabbia”, giovedì 29 giugno 2023, ore 17, all’Albergo dei Poveri di Genova

Giovedì 29 giugno alle ore 17 presso l’Albergo dei Poveri di Genova (corso Dogali 1 cancello) si terrà una conversazione fra arte e musica sul libro «Foglie Vento Sabbia. L’incantata leggerezza del cosmo nell’opera di Luisella Carretta», a cura di Simonetta Spinelli, Serel | Stefano Termanini Editore.

Interverranno, dopo il saluto di Marco Sinesi, commissario straordinario ASP Brignole, e Annamaria de Marini, sovrintendente Albergo dei Poveri, Simonetta Spinelli, curatrice del libro «Foglie Vento Sabbia», che traccerà un profilo di Luisella Carretta, artista genovese e internazionale, spiegandone gli interessi e le attività, in particolare quelle performative, che Luisella Carretta portò in ogni parte del mondo. Sulle performance di Luisella Carretta si esprimerà quindi Carolina Cuneo, artista e fotografa, amica personale di Luisella Carretta, che evocherà ripercorrendo un sodalizio durato molti anni. Nevio Zanardi, musicista e pittore, Ambasciatore di Genova del Mondo, illustrerà il rapporto fra musica e pittura, così presente nell’opera di Luisella Carretta – così come, d’altra parte, nella sua. Il maestro Zanardi si soffermerà sull’improvvisazione, in quanto “modalità” e genere artistico. Per l’incontro di giovedì, Nezio Zanardi ha appositamente composto un brano per violoncello solo, «Vola farfalla, vola sul nome Luisella Carretta», che eseguirà egli stesso, in prima assoluta. Nevio Zanardi eseguirà poi il «Canto degli uccelli», antico canto catalano trascritto per violoncello da Pau Casals. Stefano Termanini, editore, interverrà sui valori del libro «Foglie Vento Sabbia», dirà quali motivazioni abbiano spinto a farlo e quale percorso sia stato seguito dall’ideazione alla pubblicazione.

Luisella Carretta, artista genovese e cittadina del mondo, nata e vissuta a Genova, è scomparsa a 83 anni il 2 settembre 2021. Artista, pittrice e performer, scrittrice, pensatrice, poetessa, Luisella Carretta comincia la sua multiforme attività negli anni Settanta. Il padre, pittore attivo negli anni Trenta, le trasmette l’entusiasmo per la pittura fin dall’infanzia. Luisella Carretta affina quel suo primo entusiasmo formandosi prima al Liceo Artistico Niccolò Barabino, quindi all’Accademia Ligustica. «Radicata nella sua città – ha scritto di lei Simonetta Spinelli – da questa riparte in cerca dell’“altrove”, per poi tornarvi senza mai stancarsi. Genova resta nella sua biografia il porto sicuro». A Genova fonda l’Atelier Nomade e il Laboratorio Le Arie del Tempo. Ma la ricerca artistica porta Luisella Carretta a viaggiare in regioni incontaminate: affronta la solitudine di deserti e foreste, ove si immerge nel silenzio e nella natura, collabora con scienziati, naturalisti, etologi e zoologi, studia e dipinge il volo delle api e degli uccelli. Il volo la entusiasmava, la vibrata mescolanza dei colori del foliage quebecchese la rapiva, l’ispirava il silenzio del deserto, la sabbia di Gaspé, epitome del mondo, la induceva a pensare al tempo che rende frammenti tutti gli oggetti e tutte le cose.

Il volume «Foglie Vento Sabbia. L’incantata leggerezza del cosmo nell’opera di Luisella Carretta», a cura di Simonetta Spinelli, vuole essere una prima occasione di raccogliere esperienze e testimonianze, narrazioni, rilievi critici e sensazioni su Luisella Carretta e sulla sua permanente eredità artistica. Diviso in tre sezioni – «Riflessioni», «Memorie e Testimonianze», «Immagini» – e composto, sotto la regia di Simonetta Spinelli, da ventidue contributi, una nota biografica e la prefazione di Francesca Serrati, «Foglie Vento Sabbia» si propone, nel solco della lezione di Luisella Carretta come quel laboratorio in permanente divenire da cui nessuno era mai escluso: come punto di partenza per una riflessione sull’opera e la lezione di Luisella Carretta, dunque; non già come traguardo o punto di arrivo.

Il libro «Foglie Vento Sabbia. L’incantata leggerezza del cosmo nell’opera di Luisella Carretta», a cura di Simonetta Spinelli, Serel-Stefano Termanini Editore, si trova il libreria e qui: https://lnkd.in/d2x3Z9aW

E’ esistito un mondo di donne, molto prima di un mondo di uomini

Era tempo fa. Tanto tempo fa. Scriveva Johan Jakob Bachofen (1815-1887), archeologo e antropologo svizzero, nell’introduzione della sua opera più celebre e sconvolgente, “Il Matriarcato”: «Dalle epoche maggiormente conosciute dell’antichità veniamo rimandati a periodi più antichi; da un mondo di pensiero che ci è noto, a un altro interamente diverso e più remoto. […] Un mondo sconosciuto si apre al nostro sguardo».

Lo studio di Bachofen è, in vero, l’ambiziosissima ricerca di un autore straordinariamente sapiente ed erudito, capace di spaziare dalle testimonianze sul «diritto materno» dell’antica Licia all’analisi dei miti e alla corrispondenza con le posizioni dei corpi celesti; dall’idea di “fratellanza” presso gli antichi abitanti di Creta all’influsso sul benessere dello Stato della ginecocrazia (e al suo significato immateriale, svolto in coerenza con il concetto di “madre natura”, che poteva riferirsi, con significati diversi, ora alla terra ora alla luna). In Egitto – Bachofen deduceva e teorizzava – avevano dominato le donne e la figura mitologica di Demetra, la dea delle messi, figlia di Crono e Rea, era stata «base e modello» di un’intera civiltà. Poi qualcosa era accaduto. Alla società femminile, pacifica, armoniosa e gentile, era subentrata la società maschile; ne erano venuti il mito della forza fisica, della violenza e della guerra. Omero, con i suoi eroi che si combattono sotto le mura della città di Troia, con le sue mitologie di guerrieri, di elmi, lance e spade, è – rispetto alla storia che Bachofen si proponeva di far riaffiorare – un moderno.

Tra Omero, Gabriele d’Annunzio, il generale Armando Diaz, Winston Churchill, Thomas Woodrow Wilson e Franklin Delano Roosevelt (tanto per dire) non passa alcuna soluzione di continuità. C’è un abisso, invece, tra Omero e la Mater Matuta, la dea che accoglie il Sole quando nasce, la madre dell’aurora e la protettrice del parto, o le “madri” di Capua, che discendevano dal culto di Leucotea, la dea “che scorre sulla schiuma del mare”, nutrice di Dioniso bambino. Quel che ce n’è giunto, l’immagine trasmessaci dalla statuaria italica ed etrusca – splendida, talvolta, e più misteriosa, come nella figura conservata presso il Museo Archeologico di Firenze – è perlopiù la pallida e tarda sinopia di culti precedenti che onoravano, in Sardegna, la Grande Madre mediterranea, Ashtoreth in Fenicia, Astarte a Malta, Ishtar in Mesopotamia, Atar in Arabia, Hator nell’Antico Egitto.

Grande Dea Madre – Collezione Mainetti, New York e Mater Matuta – statua etrusca rinvenuta presso Chianciano

Franco Cascini nel suo «Viaggio nell’Età dell’Oro», Serel | Stefano Termanini Editore (lo trovi qui: https://bit.ly/3yeLFaF ) riprende questa idea, prima di Bachofen e poi di Marija Gimbutas (ispirandosi, in particolare, a un libro celebre e discusso: The civilization of the Goddess, 1991), secondo cui la preistoria fu delle donne. Era quella l’età dell’oro. Un’epoca felice, di accordo fra esseri umani e natura; l’epoca smemorata, di cui le grotte ornate ci hanno lasciato un’impressione leggiadra e sorpresa. Quasi che la vita fosse allora una danza. Vennero poi, dopo l’oro, tutti gli altri metalli: il rame, il bronzo, il ferro. E furono gli uomini, non le donne, a farne punte e frecce, lame e coltelli.

Leggendo “Volare e Vincere” di Claudio Senzioni e Dino Frambati, Serel | Stefano Termanini Editore

Sui giornali uscì un articolo che faceva riferimento alla Luna. Il titolo era, più o meno, questo: «Dall’Aeroclub di Genova si decolla per la Luna». Ma la Luna (si sa che i titolisti, non di rado, cercano il sensazionalismo) non c’entrava per niente. Franco Malerba aveva da poco raggiunto l’orbita terrestre a bordo dello Space Shuttle (31.7.1992-7.8.1992): era il primo astronauta italiano e tutti a Genova ricordavano che il brevetto di volo Malerba l’aveva conseguito proprio all’ Aeroclub Genova – Scuola Di Volo. L’orbita terrestre, non la Luna, ma ne aveva fatta di strada! Molta, moltissima. E tutto era cominciato di lì – questo andava riconosciuto.

Era il 1994 e l’Aeroclub di Genova stava, a poco a poco, uscendo da quelle che erano parse indistricabili sabbie mobili. Claudio Senzioni – come egli stesso, con Dino Frambati, racconta nel libro «Volare e vincere. L’incredibile storia dell’Aeroclub di Genova», Serel | Stefano Termanini Editore – cominciava a dormire sonni appena più tranquilli. Il Club, che era stato fondato nel 1928 dal coraggiosissimo Giorgio Parodi e che nel 1955 era stato presieduto da Carina Negrone, l’aviatrice straordinaria che Arturo Ferrarin aveva definito «nata da una costola d’Icaro», si preparava a ricevere la visita di S.A.R. Amedeo Di Savoia Aosta , anch’egli pilota appassionato. I tempi bui erano passati; l’Aeroclub stava per tornare alla ribalta dell’attenzione di giornali e giornalisti.

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Quand’ecco l’imprevisto. L’incidente, l’inciampo della sorte. Su un Siai 205 R che vola verso La Spezia ci sono Gianni Carlevaro, 45 anni, e Nino De Milani, 55. Sono due piloti esperti. Ma il motore del Siai, improvvisamente, si spegne: è quella che, in gergo, i piloti chiamano “piantata motore” e c’è poco da fare. A due miglia da Riomaggiore – CinqueTerre i piloti provano a mettere in azione la pompa carburante di emergenza e a pescare dall’altro serbatoio. Il problema non è lì, non si sa dove sia, e l’aereo intanto continua a perdere quota. Carlevaro manovra sulla cloche, riduce la velocità dell’apparecchio a circa 150 km/h. Sono a pelo d’acqua e la coda dell’aereo cala in mare, come fosse un timone. «Sembrava di aver tirato il freno a mano o di aver gettato l’ancora», avrebbe dichiarato, poco dopo l’incidente, Gianni Carlevaro.

Qualche minuto a galla, poi la cabina si riempie e l’aereo si inabissa. I due piloti ne escono e, poiché c’è un pescereccio lì vicino, lo raggiungono a forza di braccia. Se si pensa a come sarebbe potuta finire, sono molto fortunati. Se la cavano con poco: Carlevaro è leggermente ferito alla fronte, De Milani si è fratturato due costole.

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«Ero a Firenze», ricorda Claudio Senzioni nel suo libro, «ma appena ho appreso la notizia, non ho indugiato un attimo. Mi sono precipitato a Genova […]. Le informazioni erano scarse, se non addirittura nulle. Non si riusciva a sapere niente, se non che era precipitato un aereo dei nostri, della nostra flotta, e questo faceva salire e crescere l’apprensione e la preoccupazione da parte di tutti. Soltanto a tarda sera ci arrivarono le notizie tanto attese. Ci telefonarono i piloti, che stavano rientrando a Genova […]. Per non preoccupare le loro famiglie, non avevano fornito i loro nomi veri e la loro identità e per questo non li trovavamo!».

La paura era svanita. I piloti erano salvi e questo solo contava. Commenta Senzioni: «Timori e ansie potevamo ormai lasciarceli alle spalle».

Trovi questa storia e molte altre nel libro di Claudio Senzioni e Dino Frambati, «Volare e Vincere. L’incredibile storia dell’Aeroclub di Genova», con prefazione di Vittorio Sgarbi , Serel | Stefano Termanini Editore, 2022 (è in libreria e qui: https://bit.ly/ClaudioSenzioni_DinoFrambati_VolareVincere )