5 giugno 2025, ore 17: alla Camera di Commercio di Genova (via Garibaldi 4) la presentazione dei “Patrimionio Industriale della Liguria” di Sara De Maestri

Giovedì 5 giugno 2025, alle ore 17, presso la Camera di Commercio di Genova in Via Garibaldi 4, verrà presentato il libro di Sara De Maestri, «Patrimonio Industriale della Liguria – Il Futuro del Nostro Passato», Serel International | Stefano Termanini Editore, 2025, pp. 264. Ingresso libero.

Dopo il saluto di Luigi Attanasio, presidente Camera di Commercio di Genova, introdurranno Cristina Bartolini, Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Genova e La Spezia; Enrico Sterpi, Presidente Ordine degli Ingegneri di Genova; Giancarlo Canale, Direttore Commerciale Gruppo Istituto Italiano Saldatura (IIS); Mauro Ferrando, Presidente Porto Antico S.p.A..

Interverranno con proprie relazioni Manuel Ramello, Vicepresidente Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI); Maria Pia Repetto, Direttore Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale (DICCA) dell’Università di Genova; e l’autrice Sara De Maestri, Università di Genova e AIPAI. Modererà l’incontro Andrea Castanini, vicedirettore de «Il Secolo XIX».

Il volume è stato realizzato grazie al contributo della Camera di Commercio di Genova, dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Genova e dell’Istituto Italiano della Saldatura. Si è avvalso del contributo di Roberto Tolaini e degli Uffici del Ministero della Cultura (Segretariato Regionale e Soprintendenze), gode del patrocinio dell’Università degli Studi di Genova, della Camera di Commercio di Genova e dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI). La Fondazione Ansaldo ha costantemente condiviso le tematiche sviluppate nel volume.

«Patrimonio Industriale della Liguria – Il Futuro del Nostro Passato» di Sara De Maestri si configura come uno strumento di riferimento essenziale per la riflessione e l’analisi sul patrimonio industriale ligure. Offre una vasta panoramica che mette in evidenza sia impianti industriali di riconosciuta rilevanza nazionale, come l’industria meccanica e cantieristica, siderurgica, chimica e metalmeccanica, sia quelle meno conosciute e di carattere più artigianale, come quelle della ceramica, l’industria olearia, vetraria, dolciaria e molte altre, altrettanto significative dal punto di vista storico e culturale e quali elementi propulsori dello sviluppo del territorio.

Nell’introduzione Sara De Maestri mette in evidenza che «il volume vuole contribuire a far conoscere il patrimonio industriale della nostra Regione a chi la visita, ma anche e soprattutto a chi vi è nato e la vive, per promuoverne la consapevolezza nello sviluppo di una innovazione sostenibile». Questo patrimonio è parte integrante dell’identità ligure: «L’identità storica di Genova e della Liguria è infatti legata, non solo alla storia marinara medioevale e a quella dei fasti cinque-seicenteschi, ma anche a quella industriale otto-novecentesca, quando Genova divenne uno dei poli fondamentali della prima industrializzazione italiana, e anche le altre provincie della Liguria, con l’avvento della ferrovia, si aprirono alla nuova realtà industriale».

«Viviamo nella civiltà del post», dice Stefano Termanini, editore. «Il nostro tempo è soltanto in parte industriale, perché, molto più che industriale, è tecnologico. È la tecnologia, oggi, a dettare i ritmi della società. Un tempo – e parlo soltanto di 50-60 anni fa – questo era il ruolo dell’industria. Il territorio della Liguria è contrassegnato da presenze industriali che rimandano a quel passato che non può non essere tenuto in considerazione come un valore, come – e lo dice il titolo del libro di Sara De Maestri – un ‘patrimonio’, da cui prendere le mosse non soltanto per una conservazione ‘archeologica’ e musealizzante, talvolta in vero insoddisfacente, ma per un riuso, che vitalizzi quanto del passato resta, lo riporti nel circuito del comune sentire e, proprio ora che rischia di non essere più di nessuno, lo faccia bene ‘di tutti’, segnaposto della storia nel territorio in cui insiste e che ne trae occasioni e ragioni di una caratterizzazione non meno significativa di quelle naturalistica e storica. Il libro di Sara De Maestri ha molti meriti, ma ha un fine principale: accrescere, estendere la consapevolezza di ciò che l’industria ha fatto in Liguria e far sì che ciò che ne resta ritorni o continui a essere ‘vivo’».

Il libro esplora le peculiarità delle province liguri, mettendo in evidenza le caratteristiche distintive del territorio e la “geografia” dell’industria regionale. La struttura del volume, che parte dalle testimonianze presenti sul territorio ritenute più significative, è suddivisa per province: Genova, Imperia, Savona, La Spezia. Per quanto riguarda Genova, il volume tratta ampiamente l’industria meccanica e cantieristica, con figure storiche e realtà attuali come Ansaldo e Fincantieri, le riparazioni navali, l’industria alimentare nelle sue diverse componenti (olio, zucchero, dolciari, molini), le centrali termoelettriche e il gasometro di Campi. Particolare rilievo è dedicato alla riqualificazione dell’Antico Porto di Genova, con la Darsena, i Magazzini Generali (del Cotone), Porta Siberia, e i Silos Granari. Nella provincia di Imperia, spiccano l’industria olearia, sia nella sua tradizione che nelle sue evoluzioni e nel settore delle raffinerie (SAIRO), e la floricoltura, con testimonianze come il Museo dell’Olivo Carlo Carli, l’ex SAIRO e l’oleificio Pietro Isnardi, oltre ai gasometri di Ventimiglia e il Museo Navale di Imperia. A Savona, si esplora la storia dell’industria chimica nelle Bormide (con stabilimenti storici come SIPE/ACNA, Montecatini/Montedison, e la realtà attuale Italiana Coke), la siderurgia (dalla Tardy & Benech all’Italsider, con particolare attenzione al sito di Savona e agli impianti di Cornigliano a Genova), gli importanti impianti della Piaggio a Finale Ligure, la ceramica di Albisola e l’industria vetraria di Altare. Infine, alla Spezia, l’attenzione è posta sull’Arsenale Marittimo Militare, la cantieristica (con cantieri come il Muggiano e Riva Trigoso, oggi parte di Fincantieri), l’industria bellica (OTO Melara), la Termomeccanica e la ceramica. Il libro copre anche infrastrutture di rete come gli acquedotti, le centrali elettriche, i gasometri e le funivie del carbone.

Sara De Maestri è architetto, ha insegnato e svolto attività di ricerca presso l’Università di Genova. Come membro dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI), di cui è stata coordinatrice della sezione regionale e membro del Consiglio Direttivo, ha dato un impulso significativo alla conoscenza e all’analisi dell’architettura industriale ligure. «Patrimonio Industriale della Liguria» si inserisce in perfetta continuità con un lungo lavoro di ricerca scientifica portato avanti con dedizione e professionalità. È autrice di numerose monografie e articoli sulla conoscenza e la valorizzazione dei beni culturali, tra cui «La metropolitana di Genova» (con Guglielmo Polastri) (1990), «Beni culturali industriali della Liguria – Conoscenza e valorizzazione» (2010), «Storie e itinerari dell’industria ligure» (con Roberto Tolaini) (2011), «Materiali strumenti e pratiche del saper fare in Liguria. Pavimentazioni in graniglia di marmo» (2016).|

Sabato 3 maggio 2025, alle ore 14:30, presso «Il Teatro dei Fiori» di Margherita Cao Caumont e Carolina Italiani nel Padiglione Blu di Euroflora 2025, si è tenuta la presentazione del volume «Verde Liguria»

Verde Liguria, fotografie di Roberto Orlando e testi di Stefano Termanini, è stato pubblicato in occasione di Euroflora 2025 e segue, nella stessa collana editoriale di Stefano Termanini Editore, il precedente libro dedicato a Genova: «Genova infinita» (Stefano Termanini Editore).

La presentazione si è svolta nel «Teatro dei Fiori», spazio che unisce arte floreale e pittura dal vivo, dove Margherita Cao Caumont realizza composizioni con fiori stagionali italiani e materiali riutilizzabili e Carolina Italiani crea, “in diretta”, dipinti ad acquerello ispirati ai fiori e alle composizioni realizzate da Margherita Cao Caumont. Come ha sottolineato Carolina Italiani, il Teatro dei Fiori, «teatro di arte sia floreale sia pittorica», ha trovato nella presentazione di un libro dedicato alla Liguria la sua specità geografica. «Il verde – ha aggiunto – è molto importante per noi, sia per il turismo che per il nostro benessere e la nostra vita».

Stefano Termanini ha espresso grande soddisfazione per la presentazione ad Euroflora, ringraziando in particolare Margherita e Carolina e il loro Teatro dei Fiori. Ha ribadito che il libro nasce in concomitanza con la manifestazione con l’obiettivo di «raccontare il territorio della Liguria dal punto di vista del verde». Riprendendo il percorso iniziato con «Genova Infinita», «Verde Liguria» vuole essere un invito a riscoprire una Liguria meno nota, quella «che non si specchia nel mare ma cresce silenziosa tra i monti, i giardini, i boschi e i campi». Stefano Termanini ha spiegato che il libro esplora parchi, giardini all’italiana e paesaggistici, e soprattutto «molta parte del lavoro dei liguri sul proprio territorio». Il tema centrale del volume è infatti «l’armonia profonda tra la natura e l’uomo», quell’«equilibratissimo rapporto fra l’opera della natura e l’opera e il lavoro dell’uomo» che in Liguria si manifesta con «rispettosa e confidente tenacia». «“Verde Liguria” è un libro che vuole parlare di quell’altra parte della Liguria, accanto a quella forse più nota, più rappresentata del mare. La Liguria del verde…» ha detto Stefano Termanini.

Roberto Orlando ha raccontato come sia cominciata quesya «nuova avventura editoriale dopo “Genova Infinita”». Ha descritto la sua ricerca preliminare, online, per esplorare i temi del libro. Cercando «tipicità del verde in Liguria», ha trovato che la Liguria è la regione più ricca d’Italia per verde e boschi, con «vegetazione rigogliosa, oliveti, aranceti, campi profumati dai fiori, vigneti tra rocce ripide» e un clima temperato che favorisce una fioritura continua. La ricerca sulle specie vegetali endemiche ha rivelato che la Liguria è la regione italiana con la maggiore varietà di piante e fiori autoctoni in rapporto alla sua superficie. Un primato sancito su basi scientifiche da una prestigiosa rivista e da uno studio dell’Università di Pisa. Si contano ben 3527 specie autoctone, un dato record, ma preoccupa anche la presenza di 426 specie aliene invasive che costituiscono un pericolo per le specie locali. Roberto Orlando ha menzionato la ricchezza di piante da frutto tipiche, dotate di nomi particolari, come il castagno “buguiasca” e la mela “brucapreve”. Infine, a proposito del titolo del libro: qual è il colore della Liguria nell’immaginario collettivo? Non l’azzurro del mare come si potrebbe pensare, ma il verde. «Nell’immaginario collettivo il colore tipico della Liguria è proprio il verde» ha detto Roberto Orlando. «È così che ci siamo convinti a fare questo libro».

La presentazione si è conclusa con l’augurio di buona lettura e i ringraziamenti agli autori e ai presenti.

«Verde Liguria» di Roberto Orlando e Stefano Termanini, Stefano Termanini Editore, si trova in libreria e qui: https://bit.ly/VerdeLiguria

“Verde Liguria” di Roberto Orlando e Stefano termanini al “Teatro dei Fiori” di Margherita Cao Caumont e Carolina Italiani
(Euroflora 2025)

 

E’ esistito un mondo di donne, molto prima di un mondo di uomini

Era tempo fa. Tanto tempo fa. Scriveva Johan Jakob Bachofen (1815-1887), archeologo e antropologo svizzero, nell’introduzione della sua opera più celebre e sconvolgente, “Il Matriarcato”: «Dalle epoche maggiormente conosciute dell’antichità veniamo rimandati a periodi più antichi; da un mondo di pensiero che ci è noto, a un altro interamente diverso e più remoto. […] Un mondo sconosciuto si apre al nostro sguardo».

Lo studio di Bachofen è, in vero, l’ambiziosissima ricerca di un autore straordinariamente sapiente ed erudito, capace di spaziare dalle testimonianze sul «diritto materno» dell’antica Licia all’analisi dei miti e alla corrispondenza con le posizioni dei corpi celesti; dall’idea di “fratellanza” presso gli antichi abitanti di Creta all’influsso sul benessere dello Stato della ginecocrazia (e al suo significato immateriale, svolto in coerenza con il concetto di “madre natura”, che poteva riferirsi, con significati diversi, ora alla terra ora alla luna). In Egitto – Bachofen deduceva e teorizzava – avevano dominato le donne e la figura mitologica di Demetra, la dea delle messi, figlia di Crono e Rea, era stata «base e modello» di un’intera civiltà. Poi qualcosa era accaduto. Alla società femminile, pacifica, armoniosa e gentile, era subentrata la società maschile; ne erano venuti il mito della forza fisica, della violenza e della guerra. Omero, con i suoi eroi che si combattono sotto le mura della città di Troia, con le sue mitologie di guerrieri, di elmi, lance e spade, è – rispetto alla storia che Bachofen si proponeva di far riaffiorare – un moderno.

Tra Omero, Gabriele d’Annunzio, il generale Armando Diaz, Winston Churchill, Thomas Woodrow Wilson e Franklin Delano Roosevelt (tanto per dire) non passa alcuna soluzione di continuità. C’è un abisso, invece, tra Omero e la Mater Matuta, la dea che accoglie il Sole quando nasce, la madre dell’aurora e la protettrice del parto, o le “madri” di Capua, che discendevano dal culto di Leucotea, la dea “che scorre sulla schiuma del mare”, nutrice di Dioniso bambino. Quel che ce n’è giunto, l’immagine trasmessaci dalla statuaria italica ed etrusca – splendida, talvolta, e più misteriosa, come nella figura conservata presso il Museo Archeologico di Firenze – è perlopiù la pallida e tarda sinopia di culti precedenti che onoravano, in Sardegna, la Grande Madre mediterranea, Ashtoreth in Fenicia, Astarte a Malta, Ishtar in Mesopotamia, Atar in Arabia, Hator nell’Antico Egitto.

Grande Dea Madre – Collezione Mainetti, New York e Mater Matuta – statua etrusca rinvenuta presso Chianciano

Franco Cascini nel suo «Viaggio nell’Età dell’Oro», Serel | Stefano Termanini Editore (lo trovi qui: https://bit.ly/3yeLFaF ) riprende questa idea, prima di Bachofen e poi di Marija Gimbutas (ispirandosi, in particolare, a un libro celebre e discusso: The civilization of the Goddess, 1991), secondo cui la preistoria fu delle donne. Era quella l’età dell’oro. Un’epoca felice, di accordo fra esseri umani e natura; l’epoca smemorata, di cui le grotte ornate ci hanno lasciato un’impressione leggiadra e sorpresa. Quasi che la vita fosse allora una danza. Vennero poi, dopo l’oro, tutti gli altri metalli: il rame, il bronzo, il ferro. E furono gli uomini, non le donne, a farne punte e frecce, lame e coltelli.