Preferiamo le buone notizie!

“Ma perché deve essere così? Me lo spiegate?”

Era furioso il Caporedattore. Lo aveva appena convocato “di là” il Direttore. Si sapeva che il Direttore aveva un gran brutto carattere e che, quando ti chiamava “di là”, non era certo per farti i complimenti. “Di là” il Caporedattore si era preso, per l’appunto, una sfuriata memorabile.

“Me lo spiegate? me lo spiegate?”, continuava a ripetere.

I giornalisti della Redazione lo guardavano interdetti.

“Non lo sappiamo” azzardò a dire Marietto, quello che, quando si emozionava cominciava a balbettare. “Non non non lo sappiamo”.

E la Gina? con quel suo sorriso rossettato, guadava il Caporedattore da dietro gli occhiali che le ingrandivano ancora di più i begli occhi castani. E scuoteva anche lei la testa, facendo ondeggiare, con la testa, la gran coda di cavallo, aulente.

“Chissà?!”

“Me lo spiegate perché non si può pubblicare in prima pagina – in prima pagina, dico! – una buona notizia???”

Ecco che cos’era! Una buona notizia in prima pagina! Al Direttore l’iniziativa del Caporedattore non era piaciuta. Lui, il Direttore, grigio com’era, credeva soltanto alle brutte notizie. “Le altre che cosa sono?”, diceva. “Lasciatele perdere. Nel cestino della carta straccia”. Ma il Caporedattore non si dava per vinto: anche le buone notizie, andava proclamando da un pezzo, anche le buone notizie sono NOTIZIE!

Come il Caporedattore , alle buone notizie ci crediamo anche noi. E ci crede anche Dino Frambati, 40 anni di giornalismo, imprenditore, direttore di periodici e rubriche, oggi consigliere nazionale dell’ordine dei Giornalisti. Ci crede a tale punto che alle buone notizie Dino Frambati ci ha dedicato un libro che è piacevole, divertente, istruttivo. Che invita all’emulazione. Che si spende perché il bene prevalga sul male. Ci sono tante storie di vita reale, nel libro di Dino Frambati; ci sono volti, nomi, persone vere.

Noi queste storie le abbiamo messe dentro le nostre belle pagine di carta, come facciamo di solito e come compete al nostro lavoro (alla nostra “parte”). Se voi, cari Lettori, ora farete la vostra, penso che il libro vorrete correre a leggerlo. E che vi piacerà.