Un viaggio tra immagini, parole e voci nella Chiesa degli Angeli con gli autori e i giornalisti Alessandra Sgura e Marco Bogetto





Chivasso, 9 maggio 2025 – La suggestiva cornice della Chiesa degli Angeli di Chivasso, da tempo sede di importanti manifestazioni culturali per la comunità chivassese, ha ospitato venerdì sera, 9 maggio 2025, la presentazione di «ArtNoir. 10 racconti oltre la cornice». Il libro, edito da Serel Stefano Termanini Editore, nasce dalla collaborazione, estemporanea e imprevista, tra il medico-scrittore Gino A. Torchio e il pittore iperrealista Francesco Capello.
La manifestazione, definita fin dall’apertura da Stefano Termanini, editore del volume, come una «bella presentazione a metà fra letteratura e arte», è stata arricchita dalla esposizione delle opere di Francesco Capello, in mostra nella sala, che hanno introdotto i lettori al «clima dell’opera». Stefano Termanini, che si è detto «orgogliosamente editore di questo libro» e felice di tornare a Chivasso per parlare di libri, ha presentato gli autori e i temi alla base della raccolta.
Gli autori, Gino A. Torchio e Francesco Capello, sono stati protagonisti di un dialogo con i giornalisti Alessandra Sgura de «La Voce» di Chivasso e Marco Bogetto, responsabile dell’edizione di Chivasso de «la Nuova Periferia», che hanno condotto la conversazione ponendo domande sulla genesi e i contenuti del libro.
“Pseudonoir”: Personaggi al Centro e Nuove Forme di Narrazione
«ArtNoir» è una raccolta di dieci racconti. L’autore spiega che «traggono ispirazione da altrettanti dipinti del pittore iperrealista Francesco Capello». «Ogni ‘pseudo noir’ di questa raccolta – dice Gino A. Torchio – è preceduto dalla riproduzione del dipinto di Francesco Capello che ha stimolato la mia immaginazione, in modo che il lettore veda e possa a sua volta immaginare i connotati della storia che gli verrà raccontata». Questa interazione tra immagine e testo può diventare un «gioco divertente», permettendo al lettore di immaginare la «sua» vicenda.
L’autore definisce i suoi racconti “Pseudonoir”. L’editore Stefano Termanini ha chiarito il significato di questa definizione, sottolineando che, pur presentando «situazioni al limite del crimine» o «di reati», «non è là il fuoco dell’autore».
Ciò che interessa di più a Gino A. Torchio nello scrivere queste storie «è proprio lo studio dei personaggi». Attraverso i racconti, Torchio riesce a «scavare dentro queste figure e a trarne dei personaggi vivi, dei personaggi veri». L’editore ha evidenziato come questa attenzione all’umanità dei personaggi sia l’elemento che più lo ha colpito quando ha letto la prima bozza del libro.
Una delle novità distintive di «ArtNoir» è la sua natura (come oggi si usa dire) “multimodale”. Non è solo un «libro visivo», ma «anche un libro che si ascolta». Ogni racconto è infatti corredato da un QR-code che, inquadrato con lo smartphone, permette di ascoltarne la versione audiolibro. Questa caratteristica innovativa consente al lettore di fruire dell’opera attraverso canali sensoriali diversi. Come ha sintetizzato Gino A. Torchio, «è un lavoro che si può leggere, si possono osservare i quadri e apprezzarli, infine il libro si può anche ascoltare».
La Cronaca della Serata: Dalle Suggestioni Visive alle Storie di Vita
Dopo l’introduzione dell’editore, la parola è passata all’autore Gino A. Torchio. Medico chirurgo e pneumologo con una vasta attività letteraria alle spalle, Torchio ha ringraziato i presenti, definendo il noir una «novità moderna, recente» con una vita letteraria relativamente breve, nata con il cinema nel 1946.
Ha illustrato le caratteristiche del «noir mediterraneo, molto secco, più tranquillo», dove non sono indispensabili «l’arma, il morto», ma dove possono esserci il «pedinamento e l’intrigo».
Questo stile utilizza un «linguaggio che è un linguaggio diverso… è un discorso di strada, quindi molto semplice», rendendo la scrittura un «divertimento» perché non legata a una «struttura letteraria propriamente detta».
La genesi del libro è stata descritta come un’«illuminazione». Gino A. Torchio ha raccontato di essere entrato per caso in un bar di Chivasso e di essere stato «folgorato» da un quadro di Capello. Quell’opera ha immediatamente stimolato la sua immaginazione, portandolo a pensare alla prima storia. «Ho pensato a una situazione drammatica – ha rivelato, scherzando – e poi il pittore, Francesco, mi ha detto che si trattava di una situazione romantica. Non una giovane donna minacciata, in pericolo, ma, chissà?, magari una ragazza che sta conversando al telefono con il suo fidanzato».
Lo stile iperrealistico di Capello, è stato detto, rende «più facile» immaginare storie. «Vedi i quadri e già immagini», ha commentato Gino A. Torchio.
L’ispirazione per gli altri racconti è giunta osservando altre opere di Capello nel suo studio. Torchio ha citato l’esempio del quadro con la vaporiera 640, che lo ha riportato a ricordi personali legati ai viaggi in treno e alla storia tragica di un paese.
Francesco Capello, artista con opere in musei permanenti come il MEAM di Barcellona e il Museo Ferrari, ha espresso la sua soddisfazione per il progetto. Ha raccontato che i suoi quadri mirano a creare «sensazioni» e che il libro di Torchio ha permesso ai suoi dipinti di «rivitalizzarsi una seconda volta», trasformandoli in storie bellissime.
L’artista ha inoltre apprezzato la «cultura psicologica» e la «conoscenza dei luoghi» presenti nei racconti.
Gino A. Torchio ha confermato che molti personaggi sono ispirati a «figure che ho conosciuto molto bene», citando ad esempio il personaggio di Antonia, per il quale ha preso ispirazione da sua nonna.
Anche i luoghi citati nei racconti, come strade statali specifiche (la 458, la SP156, la SP161) o indirizzi precisi (via Montesacro 63, San Pietro al Lago), «esistono», tessendo un forte legame con la realtà e il territorio. Il tema della «truffa», un elemento che Torchio associa al noir mediterraneo, è anch’esso legato a vicende concrete – autobiografiche, addirittura, così come ha raccontato.
Sollecitato dai giornalisti a rivelare il suo racconto preferito, Torchio ha ammesso la difficoltà nel fare una scelta. Ha però confessato di sentirsi specialmente legato al secondo racconto della raccolta: «Natale». Ha rivelato di averlo scritto durante un momento molto difficile, di grande ansia per la salute della moglie, ricoverata in ospedale. Un evento che lo ha segnato profondamente e che, ha sottolineato, «richiama quello che sta succedendo in questi giorni» con le truffe telematiche.
Conclusioni e Ringraziamenti
Al termine della presentazione, Gino A. Torchio ha ringraziato il numeroso pubblico e in particolare i giornalisti Alessandra Sgura e Marco Bogetto.
Stefano Termanini ha ricordato nuovamente la possibilità di ascoltare i racconti tramite i QR code (attivati a breve) e ha lanciato un appello al pubblico: «leggete perché è la cosa più importante per la nostra continuità culturale, per il nostro futuro, per la nostra identità… non perdiamo l’esercizio, la bella abitudine della lettura. Leggete, leggiamo!». Anche quando abbiamo poco tempo, una pagina al giorno.
La serata si è conclusa con gli applausi del pubblico, che ha potuto toccare con mano e ascoltare quale sia stata la genesi di un libro che propone un innovativo connubio tra arte visiva, narrativa e formato audio, dimostrando come l’arte possa generare arte, in un dialogo continuo tra forme espressive diverse.
[a cura della Redazione di Stefano Termanini Editore].