“HERMANOS. Contributi offerti dagli amici e dagli allievi in occasione dei 75 anni di Roberto Trovato”, a c. di Mauro Canova | il 22 giugno 2023 alla Biblioteca Berio, Sala dei Chierici

Giovedì 22 giugno 2023, alle ore 17, presso la Biblioteca Berio di Genova, Sala dei Chierici (via del Seminario) si terrà la presentazione del libro «Hermanos», a cura di Mauro Canova, Stefano Termanini Editore. Il volume raccoglie – come recita il sottotitolo – i «contributi offerti dagli amici e dagli allievi in occasione dei 75 anni di Roberto Trovato». Presentano Mauro Canova, curatore del volume, e Roberto Cuppone, Università di Genova. Introduce e modera Stefano Termanini, editore. Intervengono Roberto Trovato e gli autori del volume. Letture e performance saranno a cura di Cristina Garrone, Pino Petruzzelli, Paolo Puppa, Eugenio Ripepi e Angela Zinno.

Spiega Mauro Canova: «Quando proposi a Stefano Termanini, ormai quasi un anno fa, di lavorare ad un volume che raccogliesse una serie di contributi per festeggiare i prossimi 75 anni di Roberto Trovato, ho sentito la sua voce accendersi di entusiasmo e mi ha immediatamente offerto la disponibilità della sua casa editrice. A quel punto, sapendo l’amicizia che li lega, ho contattato Roberto Cuppone che non è stato da meno ed ha risposto anch’egli con analoga calorosa partecipazione. Costruito così un piccolo ma tenace gruppo di volonterosi, abbiamo iniziato a contattare amici, colleghi ed ex allievi del nostro amico e collega. Ed abbiamo via via assistito ad un meraviglioso crescendo di affetto e di riconoscenza nei confronti di Roberto Trovato».

«Hermanos» vuole essere uno specchio della personalità di Roberto Trovato, e le amiche, gli amici ed allievi che hanno avuto piacere di omaggiarlo accettando di scrivere per questo libro lo rappresentano benissimo e riflettono la poliedricità dei suoi interessi. Il titolo ha questo significato: «Hermanos», cioè «amici». «Va inteso – aggiunge Mauro Canova – nel senso della condivisione di sapere, emozioni, esperienze, progetti di vita. Nel corso di anni di infaticabile lavoro, Roberto Trovato ha allacciato una quantità di rapporti di amicizia che, fin dagli esordi del suo magistero, hanno oltrepassato le mura della Facoltà, per giungere ad abbracciare il mondo del teatro recitato, della poesia, della canzone, della danza, del cinema. Siamo convinti che questo volume possa far piacere a Roberto, glielo dovevamo per tutto ciò che rappresenta per noi, lo meritava: è il nostro modo di dirgli grazie e comunicargli quanta stima ed affetto abbiamo per lui».

Il volume è suddiviso in tre aree: di scienza, di cuore e di invenzione. La prima, «di scienza», raccoglie i contributi di Stefano Termanini, Federica Natta, Mauro Canova, Nicoletta Bracco, Oscar Meo, Ludovica Radif, Angela Zinno, Federica Lamera, Virginia Consoli, Eugenio Buonaccorsi, Daniela Dal Maso, Eugenio Ripepi, Monica Ramò, Milagro Martín-Clavijo, Daniela Bencardino, Felice Liperi, Elvira Pattarini, Gabriele Benelli, Mariagrazia Bugnella, Caterina Braghin, Chiara Cimmino, Roberto Cuppone. La seconda, «di cuore», raccoglie i contributi e i ricordi di Laura Scottini, Letizia Casella, Patrizia Valdiserra, Cristina Garrone, Patrizia Monaco, Fulvio Damele, Daniele Cerrato, Francesca Sassoli, Stefano Delfino. La terza e ultima, «d’invenzione», raccoglie e offre al “festeggiato” e al lettore i testi di Paolo Puppa, Luigi Siri e Fiorella Testa, Jacopo Marchisio e Pino Petruzzelli. Chiude il volume un’ampia nota biobibliografica, a cura di Mauro Canova. Qui si illustrano il percorso accademico e gli interessi di studio di Roberto Trovato e si dà conto della sua amplissima produzione scientifica.

«Sono felice di questo libro appena pubblicato» dice Stefano Termanini, editore. «Lo sono per il legame di stima e di amicizia con il professor Trovato, per l’insegnamento che, in tutti questi anni, da lui abbiamo ricevuto e che continuiamo a ricevere: sia attraverso i suoi scritti sia dall’esempio della sua dedizione. Ma lo sono, anche, per la qualità del libro che, dell’eccellente lavoro del curatore Mauro Canova e del lavoro di tutti gli autori, è il risultato. Un libro che è un intreccio di temi e che raccoglie contributi tutti di altissimo valore. Credo che si debba esserne orgogliosi: è di sicuro lo strumento più appropriato per festeggiare il professor Trovato e per dare la misura e la cifra del legame “di scienza, di cuore e d’invenzione” che a Roberto Trovato in tanti ci lega».|

Roberto Trovato è stato Professore Associato di Drammaturgia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova, è autore di oltre 130 studi su vari momenti, figure e aspetti del teatro italiano fra Cinquecento e Novecento. Ha curato l’edizione critica di undici testi inediti o rari: Erithia di Cesare Scalini (1981), I confessori e Il Meleagro di Cesare Odoni (1984 e 1988), Il fazzoletto di Francesco Maria Marini (1997), Lettera alla Bettina e Scenari della Commedia dell’arte di Francesco Albergati Capacelli (1984 e 1991), La rappresentazione di Otello nella ricostruzione di Tuckerman Mason (2003), Tartaglia morsicato dalla Tarantola di Albergati Capacelli (2013), Scritti teatrali di Gherardo Del Colle (2013), il Romito Negromante di Angiolo Cenni (2014) e La fante di Giuseppe Baroncini (2019).

Del 1996 è la monografia sul teatro di Anton Francesco Grazzini detto il Lasca e, assieme a Enrico Baiardo ha pubblicato Un classico del rifacimento (L’Amleto di Carmelo Bene). Tra il 1992 e il 2002 ha prefato tra gli altri testi di Vico Faggi, Mario Fratti, Dario G. Martini, Steva De Franchi, Plinio Guidoni ed Elena Bono.

A cura sua e di Stefano Termanini, è uscito nel 2005, presso la UTET, Teatro comico del Cinquecento, centrato sul personaggio dell’ecclesiastico. Nel 2012 con l’Editore Termanini ha pubblicato Il gesto sulla parola. Teatro e drammaturgia dalla Grecia classica al Cinquecento. Per lo stesso editore ha pubblicato nel 2020 Teatro inglese del Rinascimento e altri saggi di critica teatrale. Dal 2014 si occupa in prevalenza di personaggi femminili in testi di autori italiani (Manlio Santanelli e Dario G. Martini) e di drammaturghe e scrittrici italiane per il gruppo legato a Escritoras y Escrituras (Anna Banti, Patrizia Monaco ed Elena Bono).

Nel 2019 ha pubblicato con Mauro Canova Teatro ed eresia a Bologna nel Cinquecento per i tipi di Aracne. Nel 2020 ha stampato un saggio su una pièce della Bono in un volume a sua cura e un articolo su Johnny Tenorio di Carlos Morton, in un volume a cura di Elena Errico rispettivamente per i tipi della chiavarese Internos e la romana Aracne.

Tra il 2007 e il 2008 è stato Direttore della Biblioteca del Polo Universitario di Imperia a cui ha donato una parte importante della sua biblioteca personale e dal primo novembre 2008 al 31 ottobre 2011 Presidente del corso di laurea triennale in DAMS e di quello magistrale in Scienze dello Spettacolo.

È attualmente vicepresidente della Compagnia Il Barone Rampante. Ha tenutolezioni nelle Università di Lugano e di Salamanca.Dal 2021 è socio della S. E. I. (Societad Espaňola des Italianistas). Collabora da alcuni anni alla Revista de la Societad espaňola de italianistas. Da alcuni anni recensisce su «Sipario on line» gli spettacoli del Festival di Borgio Verezzi.

Dal 2012 al 2021 ha presieduto la Giuria di Actorspoetry Festival organizzato dal Teatro Gag di Genova, diretto artisticamente da Daniela Capurro.

Ha partecipato in veste di attore in varie rappresentazioni teatrali ed a cortometraggi come nella serie Nuggets (I, ep. 1), Giuliano è geloso per la regia di Manuel Zicarelli e lungometraggi come Pink Film (2003) regia di Davide Scovazzo e Davanti al mare regia di Emilio Audissino (2004).

Attualmente è cultore della materia di Discipline dello Spettacolo presso l’Università di Genova.

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“Hermanos. Contributi offerti dagli amici e dagli allievi in occasione dei 75 anni di Roberto Trovato”, a cura di Mauro Canova, Stefano Termanini Editore, ISBN 9788895472805 si trova in libreria e sul sito della casa editrice, a questo link: https://bit.ly/Hermanos_omaggioaRobertoTrovato

(ecco come si è svolta la presentazione, qui integralmente ripresa)

«Ùter!» di Claudio Gava al Museo Biblioteca dell’Attore | 15 giugno 2023

Giovedì 15 giugno, alle ore 17,30, presso il Museo Biblioteca dell’Attore (via del Seminario 10 – Genova) verrà presentato il libro di Claudio Gava, «Ùter!»,Serel | Stefano Termanini Editore, 2022, ISBN 9788889401415.

Interverranno, dopo l’introduzione e il saluto di Eugenio Pallestrini, presidente del Museo Biblioteca dell’Attore, i professori Giancarlo Andrioli, Roberto Cuppone e Roberto Trovato. Letture di passi scelti del libro sono a cura di Giacomo Gava. Saranno presenti e interverranno l’autore Claudio Gava e l’editore Stefano Termanini. L’ingresso è libero.

Il libro di Claudio Gava è intenso e divertente al tempo stesso. Si comincia da un’idea: una volta, e più nei centri minori del nostro Paese, oltre alla lingua, si parlava il dialetto. A differenza della lingua, il dialetto aveva una presa immediata sulle cose. Diceva le cose nella loro verità. Quando, nell’arco di una-due generazioni, il dialetto si è perso, perché, magari, ci pareva che parlarlo “stesse male”, si è perduta anche una capacità di incidere sulle cose che il dialetto aveva in sé. Che conservava. E che garantiva.

Claudio Gava è nato a Vittorio Veneto, vive a Sernaglia della Battaglia, lavora a Trento. Il “suo” dialetto – quello di cui nel libro ci parla – è il dialetto veneto-trevigiano. Lui scrive, anzi, che è il dialetto di una frazione di Vittorio Veneto e di quella soltanto: Serravalle. La storia di Ùter!, però, per virtù della sua scrittura, è una storia non locale, ma italiana. Perché in ogni parte d’Italia è accaduto lo stesso che in Veneto: che, cioè, in un paio di generazioni appena la lingua si è appiattita, ha perso di verità, è diventata quella della televisione, azzoppata, perdipiù, dal vezzo (certo eccessivo) dell’anglomania.

«Ho sempre pensato – dice Claudio Gava – che la conoscenza del dialetto, così come quella delle lingue straniere, sia un po’ come saper leggere la musica. Se non la sai leggere, perdi una parte di mondo, hai una sensibilità più limitata. Non sei migliore o peggiore: sei diverso. Il libro si divide in due parti. La prima è più brillante e divertente e forse porta con sé anche un elemento di speranza, di piacevolezza nell’offrire storie legate a detti e modi di esprimersi. La seconda è un corpus di poesie, tutte in dialetto. Quest’ultima contiene una nota più malinconica e, rispetto all’altra, è forse più priva di speranza».

«Ùter! di Claudio Gava – dice Stefano Termanini, editore – che oggi cercheremo di raccontare come una storia italiana e universale, in tante saporose pagine ci racconta quelli che eravamo una cinquantina di anni fa appena. Regioni intere del nostro Paese erano a economia ancora prevalentemente agricola e, prima della scoperta commerciale dei prodotti tipici, delle dop e dei doc, dei disciplinari del pesto e della focaccia, del turismo culturale ed enogastronomico, del parmigiano reggiano, del prosecco, non sempre la vita era facile e allegra. Claudio Gava ci racconta quel mondo abbastanza vicino da averne potuto conoscere l’estremo lembo, eppure ormai lontano. Ce lo racconta per mezzo delle parole. Ci dice, spiegandoci, in modo sempre divertente, una storia via l’altra, quali fossero le parole che usavamo. Narra quel patrimonio di immediatezza e di idee che, perdendo le nostre parole più antiche e autentiche, abbiamo perduto».

Ùter! di Claudio Gava si trova in libreria e qui: https://bit.ly/3wk5Xyq

(ecco come si è svolta la presentazione, qui integralmente ripresa)

Un destino che era scritto dove è stato cancellato

Parlando di Empedocle, ad Agrigento

«Che succederà?». Glielo chiesi con apprensione, come se dovesse essere per domani. «Non si sa», mi rispose, ma sembrava impensierito, pericolante. «Non si sa, è perduta la parte in cui c’era scritto». Me lo disse non come se sapesse che era perduta da duemilacinquecento anni, ma come se fosse una scoperta di ora; come se ancora bruciasse.

«Quale delle due, però? Quale prevarrà». Lo incalzavo, attorno alla tavola quadrata, io su un lato, lui all’estremità, mentre dalla finestra, colore della sabbia, splendeva il Tempio della Concordia. Mi disse che credeva che sarebbe stato il turno di Neikos. Ovunque ce n’erano, di segnali. «Non Philia irreprensibile, non il suo benevolo e immortale slancio, ma la separatrice inimicizia di Neikos…».

Recitava, pareva che recitasse l’augusto professore, ai cui occhi Empedocle era presente. Ne parlavamo come se dovesse dirci il tempo che avrebbe fatto domani, se sul frontone della Concordia avremmo visto piovere o se ci avrebbe inondati il fiorire dei mandorli. Si chiuderà su se stesso l’Universo, conteso dai suoi due principi e sarà Philia oppure Neikos – non si sa –, Amore o Odio, Composizione e Unione, oppure Divisione e Morte.

Non si sa. Come un sacco, come una sporta, si sarebbe chiuso l’Universo, come una sella di cavallo, come una sfera, con dentro la Terra, il Sole, tutte le stelle, la Via Lattea, due o tre milioni di galassie, forse di più. L’avrebbe chiuso nel sacco Neikos – così aveva visto e così aveva scritto. «Ma ebbe paura, forse – disse ancora il professore – e poi cancellò».

Bevve un lungo sorso di vino, la notte era fresca. Luminosa era la Luna allo zenit del Tempio della Concordia. «Tolse quelle parole, tolse il finale». Un cameriere socchiuse la finestra, scostò l’ampio cristallo, dalla campagna entrò il frinire dei grilli. «Non volle che si sapesse, preferì non dirlo».

Era l’ora di ordinare il dessert, stava finendo la sera, giungeva la notte. «Empedocle aveva scritto che non nascita e morte, ma mescolanza e separazione sarebbero stati i nomi giusti da dare alle cose. Non aveva paura. Non c’era morte, né corruzione, né niente mai che finisse: né per gli uomini, i singoli, né per il cielo e la Terra, né per il cosmo intero. Sapeva che la paura ce l’avevano gli altri: i suoi simili, gli uomini. Tutti gli altri uomini, i suoi concittadini. Preferì non dire niente. Non a Philia, ma a Neikos toccherà il passo di danza estremo. E poi sarà la separazione. L’Universo è condannato a morire».

Guardavo nel piatto. Posai la forchetta di lato. Il pranzo era finito e uscimmo sulla terrazza. Il professore fumava un sigaro odoroso e la Luna era sparita dietro il pronao della Concordia. Giù in fondo, dietro gli ulivi, mi pareva di indovinare il mare. Era tutto così fresco e profumato e bello, così ordinato, come nell’acquerello di un pittore romantico inglese. Eppure, dopo che ci eravamo addentrati a quel modo nei versi di Empedocle, tutto ci pareva fragile. Cento miliardi? No, tanto di più. Mille miliardi o forse un milione di miliardi di anni (un miliardo di miliardi di anni?)… a mente facevo il conto. E tanto quanto mi era parso che Empedocle avesse scritto ieri o soltanto stamattina, ora, datoci il suo funesto verdetto, il tanto, il tutto mi pareva comunque poco. Ora che avevo inteso che era destinato a “separarsi”; a finire. [stefano.termanini@gmail.com | 26.5.2023]

www.stefanotermaninieditore.it