call for papers


Casa per uccellini spaventati, Clavesana (CN), 2023. Franco Raggi con Omar Tonella e Federica Delprino.
Progetto di co-design auto costruito insieme a Luca Antonuccio, Marco Bernat, Vittorio Bresciano, Francesca Coppola, Stefano Melli, Maurizio Queirazza, Elena Sardo e la Sig.ra Livia.
Workshop ALTEREGO, Associazione Culturale Angelo Ruga.

Naïf | scadenza 4.9.2023

Il 18 agosto 1886 una spettacolare mostra veniva inaugurata nei locali delle Poste di Parigi in Place du Carrousel. Organizzata dalla Société des Independants, l’esposizione comprendeva una cinquantina  di  opere  che  suscitarono grande scalpore nella cerchia dei sostenitori della pittura impressionista. ilirganizzazione non prevedeva né una giuria né l’imposizione di criteri stilistici, e per una quota di quindici franchi qualsiasi autore poteva partecipare, con o senza formazione accademica o filosofia estetica dichiarata. Tra le opere esposte si distingueva il dipinto di Henri Rousseau Un soir de carnaval. Nelfopera Rousseau non mostra né la dichiarata consapevolezza della storia dell’arte, né haudace sperimentazione di una modernità, ma solo la tela stessa: superficie su cui delinea con meticolosa cura una luna bianca, nuvole plastiche contro l’indaco profondo della notte, strascichi neri di alberi spogli, un padiglione trasparente nel bosco e una coppia in costume che si libra nell’aria come uscita da una pubblicità di cioccolato della Belle Epoque.

Un soir de carnaval è un’opera chiave che segna il debutto della carriera mistica del Doganiere. All’età di quarantuno anni, lasciato l’impiego presso gli uffici daziari di Parigi, Rousseau appare sulla scena in modo sorprendente divenendo nei venticinque anni successivi il principale esponente dell’arte naïf: una produzione artistica sostanzialmente priva di legami con la realtà culturale, accademica o d’avanguardia di quella società in cui veniva elaborata e diffusa.

Letteralmente naïf significa ‘nativo’, ossia ingenuo, incolto e primitivo, sinonimo di infantile, candido, sprovveduto. Indica un territorio comune che, per i suoi caratteri apparentemente quotidiani e spontanei, risulta facilmente comprensibile e accessibile ai più senza necessità di intermediari e sovrastrutture interpretative o comunicative. Il naïf, in pittura e non solo, è un approccio, un linguaggio, una tendenza che affronta con semplicità e candore aspetti comuni della vita quotidiana trasfigurandoli in una visione poetica e magica della realtà.

L’architettura, in quanto prodotto culturale, non sfugge a tali accezioni, anzi si propone come loro campo di applicazione. Il panorama architettonico contemporaneo presente sui testi critici, sulle riviste di settore e sui siti internet specializzati, propone spesso esempi di architetture lontane dall’immaginario collettivo e dissonanti rispetto alla quotidianità, le quali restano inevitabilmente argomento di discussione per gli addetti ai lavori. farchitettura del quotidiano si basa, invece, su immagini codificate dai media di massa e stereotipate dalla normativa : un archivio di forme che vorrebbero definire degli archetipi a cui ricondurre unordinarietà dove si confondono standard urbanistici con canoni estetici. Se il naif è un potenziale attributo finale di unopera o di una architettura, il processo con cui lo si raggiunge non si avvale necessariamente di un ‘ritorno al passato’: infatti, il vernacolare riavvicinamento dell’architettura agli spazi di vita quotidiana, in alcuni casi auspicato, può apparire come una soluzione illusoria, cioè fondata su un sistema di valori che non sempre riescono ad adattarsi al contemporaneo.

Naïf esprime un’immagine in cui riconoscersi ed essere riconosciuti, appartiene alla quotidianità ed è rassicurante perché sottintende un racconto di vita, gioca con la memoria, racconta una storia già ascoltata della quale ci sentiamo inevitabilmente parte. Naif si offre come guida per comprendere l’ambiente in cui viviamo, strumento per progettisti che si devono confrontare con il senso comune. Per fare ciò, occorre una presa di coscienza progettuale del banale, un’accettazione della cultura materiale che ci circonda. Naif, in quanto pratica progettuale, si può riscontrare a qualsiasi livello di espressione, anche nelle più felici e alte forme artistiche e culturali.

Naïf apre a differenti declinazioni interpretative che, nell’ambito della call, definiscono alcuni filoni tematici prevalenti lungo i quali si ritiene possibile sviluppare i contributi. Ci si può dapprima riferire al binomio ordinario/ straordinario come due facce della stessa medaglia, due aggettivi che definiscono, o meno, l’appartenenza a un ordine costituito. Utilizzare un termine oppure l’altro per descrivere un edificio o un luogo è una questione soggettiva che si riconduce all’esperienza dell’osservatore e alle peculiarità del contesto in cui quel manufatto è inserito: tali peculiarità ne completano l’immagine e determinano la percezione che l’osservatore ha dell’oggetto. Linevitabile confronto tra edifici definiti ‘ordinari’ o ‘straordinari’ – per destinazione d’uso, dimensioni, forma, ecc. – porta ad analizzare il contesto secondo le quantità presenti di elementi appartenenti all’una o l’altra categoria.

La nozione di naïf richiama poi il tema dell’autorialità, del progettista autodidatta e, in modo traslato, dell’autoproduzione. Apparentemente privi di valenza economica e culturale, i prodotti di queste pratiche sfumano il ruolo dell’autore, che accoglie tale sfocatura preferendo a essa l’accettazione dell’opera da parte della collettività tramite la ricerca di un rapporto diretto e di reazioni istintive.

Un’architettura naïf mette in campo nuovi approcci come quello dell’imitazione, della replica banale e, portando all’estremo il ragionamento, del kitsch. Caratteri come il banale sono rinvenibili ovunque e la loro forte presenza può essere uno strumento per i progettisti. Misurarsi con il banale vuol dire anche attribuire un valore al cattivo gusto, dove il kitsch non è inteso come produzione pseudo artistica del brutto, ma come strumento di analisi e metodo di lavoro.

Infine, proprio come i dipinti più maturi di Rousseau che rappresentano animali selvaggi, figure arcaiche e paradisi lontani che il pittore non ha mai visitato, ma solo immaginato, la tendenza al na”if permette una deriva nel campo dell’esotico, del magico e dell’onirico come estreme vie di divagazione o, in certi casi, di personificazione della più pura delle realtà. I paesaggi tropicali addomesticati diventano giungle divoranti: aggressività, erotismo e terrore vengono portati allo scoperto, dietro ogni foglia bidimensionale c’è l’artista sotto mentite spoglie, in bilico tra paura della morte e speranza di pace. Sulla base di questi presupposti, la call ambisce a raccogliere attività di ricerca, riflessioni teoriche, letture critiche e sperimentazioni progettuali che restituiscano diverse accezioni di na”if all’interno delle discipline del progetto, sia in una rilettura storica sia nelle sue possibili definizioni e potenziali applicazioni nel quadro contemporaneo.

 

 

Naïve | deadline 4th Sept. 2023

 

A spectacular exhibition in the premises of the Paris Post Office in the Place du Carrousel on August 18, 1886 was inaugurated.

It was organized by the Société des Independants, the exhibition included about fifty works that caused a great stir in the circle of supporters of impressionist painting.

Tue organization provided neither a jury nor the imposition of stylistic criteria, and for a fee of fifteen francs any author could participate, with or without academic training or declared aesthetic philosophy.

Among the works on display was Henri Rousseau’s painting Unsoir de carnaval. In the work Rousseau shows neither the declared awareness of art history, nor the daring experimentation of a modernity, but only the canvas itself: surface on which he meticulously outlines a white moon, plastic clouds against the deep indigo of the night, black train of bare trees, a transparent pavilion in the woods and a couple in costume hovering in the air as if they carne out of a Belle Epoque chocolate commercial.

Un soir de carnaval is a key work that marks the debut of the mystical career of the Douaniere.

At the age of forty-one, having left his job at the customs offices in Paris, Rousseau appears on the  scene in  a surprising way, becoming the main exponent of naive art in the following twenty-five years: an artistic production substantially unrelated to the cultural, academic or avant-garde reality of that society in which it was elaborated and disseminated.

Literally naïf means ‘native’, i.e. naïve, uncultured and primitive, synonymous with infantile, candid, clueless. It indicates a common territory which, due to its seemingly daily and spontaneous characteristics, is easily understandable and accessible to most with no need for intermediaries and interpretative or communicative superstructures.

Tue naïve, in painting and beyond, is an approach, a language, a trend that deals with common aspects of everyday life with simplicity and candor, transfiguring them into a poetic and magical vision of reality.

Architecture, as a cultural product, does not escape these meanings, rather it proposes itself as their field of application. Tue contemporary architectural panorama present in critical texts, sector magazines and specialized websites often offers examples of architectures far from the collective imagination and dissonant with everyday life, which inevitably remain a topic of discussion for insiders.

Instead, the architecture of everyday life is based on images codified by the mass media and stereotyped by legislation : an archive of forms that would like to define archetypes to which an ordinariness can be traced back where urban standards are confused with aesthetic canons.

If the naive is a potential final attribute of a work or of an architecture, the process with which it is achieved does not necessarily make use of a ‘return to the past’: in fact, the vernacular rapprochement of architecture with the spaces of daily life, in some cases hoped for, it may appear as an illusory solution, i.e. based on a system of values that are not always able to adapt to the contemporary.

Naïf expresses an image in which to recognize and be recognized belongs to everyday life and is reassuring because it implies a story of life, it plays with memory, it tells a story that has already been heard of which we inevitably feel a part . Naïf offers itself as a guide for understanding the environment in which we live, a tool for designers who have to deal with common sense. To do this, we need a design awareness of the banal, an acceptance of the material culture that surrounds us. Naïf, as a design practice, can be found at any level of expression, even in the happiest and highest artistic and cultural forms.

Naïf opens up to different interpretative declinations which, within the context of the call, define some prevailing thematic strands along which it is considered possible to develop the contributions. We can first refer to the ordinary/ extraordinary binomial as two sides of the same coin, two adjectives that define, or not, belonging to a constituted order.

Using one term or another to describe a building or a place is a subjective matter which leads back to the experience of the observer and to the peculiarities of the context in which that building is inserted: these peculiarities complete the image and determine the perception that the observer has of the object.

Tue inevitable comparison between buildings defined as ‘ordinary’ or ‘extraordinary’ – by intended use, size, shape, etc. – leads to analyzing the context according to the present quantities of elements belonging to one or the other category.

Tue notion of naive then recalls the theme of authorship, of the self-taught designer and, in a figurative way, of self-production.

Apparently devoid of economic and  cultural  value, the  products  of  these practices blur the role of the author, who welcomes this blurring preferring to it the acceptance of the work by the community through the search for a direct relationship and instinctive reactions.

A naïve architecture brings into play new approaches such as that of imitation, of banal replication and, taking the reasoning to an extreme, of kitsch.

Characters such as the banal are found everywhere and their strong presence can be a tool for designers. Dealing with the banal also means attributing a value to bad taste, where kitsch is not intended as a pseudo-artistic production of ugliness, but as an analysis tool and working method.

Finally, just like Rousseau’s more mature paintings that represent wild animals, archaic figures and distant paradises that the painter has never visited, but only imagined, the naive tendency allows a drift into the field of the exotic, the magical and the oneiric as extreme ways of digression or, in some cases, of personification of the purest of realities.

Tamed tropical landscapes become devouring jungles : aggression, eroticism and terror are brought out into the open, behind each two-dimensional leaf there is the artist in disguise, poised between fear of death and hope for peace.

Based on these assumptions, the call aims to collect research activities, theoretical reflections, critical readings and design experiments that return different meanings of naïf within the design disciplines, both in a historical reinterpretation and in its possible definitions and potential applications in the contemporary panorama.