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Sinapsi | scadenza 13.3.2023

 

SINAPSI: CONNESSIONE FUNZIONALE TRA DUE CELLULE NERVOSE; PER DERIVAZIONE – SÝNAPSIS – ED ESTENSIONE, COLLEGAMENTO.

L’anima non pensa mai senza un’immagine.

Aristotele, IV sec. a.C.

Prima che ci partiamo dal ragionamento del veder l’imagine pendente nell’aria, insegnaremo come si possa fare, che veggiamo le imagini pendenti nell’aria di qualsivoglia cosa; il che sarà cosa mirabile più di tutte le meravigliose, principalmente senza specchio, e senza l’ogetto visibile.

Della Porta, 1589

Lo specchio, dove si vedono l’imagini, che non son reali, ci può esser similitudine dell’intelletto nostro, ove faciamo a piacer nostro aiutati dalla dispositione naturale nascere molte idee di cose, che non si vedono; ma si possono porre in opera mediante l’arte operatrice di cose sensibili per mezzo di istromenti materiali.

Ripa, 1613

2.203. L’immagine contiene la possibilità della situazione che essa rappresenta.

3.01. Il pensiero contiene la possibilità della situazione che esso pensa. Ciò che è pensabile è anche possibile.

Wittgenstein, 1921

L’uomo che, in un atto di riflessione, acquista coscienza di “avere un’immagine” non si può sbagliare.

Sartre, 1940

Quando penso all’architettura, dentro di me scaturiscono delle immagini.

Zumthor, 1998

“L’architettura è spazio mentale costruito” diceva il mio vecchio amico, l’architetto Keijo Petäjä.

Pallasmaa, 2005

Tradizionalmente gli architetti hanno pensato per immagini. Per quanto sembri ovvia, un’affermazione del genere non è in linea con quanto si è sempre comunemente creduto.

Mallgrave, 2013

Il miglior luogo per viaggiare è la propria stanza.

Frase attribuita a Raymond Roussel da Vila-Matas, 2014

Nel campo dell’architettura e del design, e non solo, progettare implica un articolato avvicendarsi e sovrapporsi di processi di modellizzazione fra loro interrelati.

Ogni progettista, in relazione ai differenti contesti operativi e a seconda del proprio stile cognitivo, delle proprie abitudini, inclinazioni e insegnamenti ricevuti, sceglie, di volta in volta, in modo più o meno consapevole, il tipo e la sequenza di modelli di cui avvalersi per rappresentarsi e rappresentare, comprendere, man mano definire l’oggetto del suo lavoro.

Per l’architetto o il designer, sono modelli la narrazione orale o scritta, il disegno a schizzo, piuttosto che la maquette di studio, il disegno geometrico o al computer, 2D o 3D, il modello numerico strutturale, fisico-tecnico, economico, ecc. Il mutuo, continuo, circolare scambio di informazioni fra questi processi di modellazione permette di precisare pian piano il progetto.

Anche le immagini mentali – “abitanti per eccellenza della mente umana” (Kosslyn, 1983) – costituiscono uno dei più straordinari sistemi di modellazione nel campo dell’architettura e del design. Grazie ad esse, il progettista, attraverso la ricombinazione di ricordi, può prefigurare e definire l’oggetto del suo pensiero, simulando di rapportarvisi percettivamente e cinestesicamente come forse nessuno degli strumenti prima citati può permettergli di fare.

Le potenzialità rievocative, esplorative, immersive (l’essere-nell’opera, Sloterdijk, 2004, citando Valéry, 1921) delle immagini mentali sono la necessaria e, almeno per alcuni, fondamentale premessa per un approccio ad una modellizzazione embodied che permetta di intendere il processo ideativo di un’architettura o diun oggetto di design come la rappresentazione del loro progetto e non come il progetto della loro rappresentazione (Giachetta, 2022).

Eppure, nonostante le sue enormi potenzialità, il modello costituito dalle immagini mentali è, rispetto agli altri, pressocché misconosciuto nella letteratura di settore, sostanzialmente inesplorato nella ricerca, sottaciuto nella pratica didattica dell’architettura e del design. Così, se, in ogni corso di laurea di architettura e design che si rispetti, esistono, giustamente, insegnamenti di disegno e per l’utilizzo di software CAD e BIM, accompagnati (per i più fortunati) da ben attrezzati laboratori per la realizzazione di maquette di studio, e, ancora, corsi sulla modellazione strutturale, fisico-tecnica, economica, ecc. del progetto, la modellizzazione per immagini mentali è un argomento che non viene esplicitamente toccato quasi da nessuno.

I motivi di questa così strana elisione (che riguarda molto meno il campo artistico e della creatività in generale) sono diversi.

Innanzitutto, le immagini mentali sono un tema da sempre estremamente complesso, rispetto al quale storicamente non vi è mai stata un’univoca interpretazione. Semplificando moltissimo, esistono, filosoficamente, almeno una prospettiva idealista (vagamente riconducibile a Platone, Cartesio e Hegel), secondo la quale le immagini mentali sono meri epifenomeni, e una empirista (con Aristotele, Locke, Hume), secondo la quale le immagini mentali hanno invece un ruolo epistemico sostanziale. Più recentemente, a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, l’importante Imagery debate, nel campo delle scienze cognitive, affermando i due modelli proposizionalista (Zenon Pylyshyn) e analogico-pittorico (Stephen Kosslyn), fa in qualche modo eco alla richiamata contrapposizione filosofica.

Una forse ancor più profonda complessità è poi relativa al concetto stesso di mente (in continua trasformazione) e alla sua sempre minore circoscrivibilità – nella contemporanea accezione di mente estesa (Clark, Chalmers, 1998; Robinson, 2011; Ihde, Malafouris, 2018; Bruner, 2018) – in uno spazio isolato, differente e sconnesso rispetto a quello dell’apparato corporeo-tecnico-ambientale (che, in qualche modo, è quindi inglobato attivamente nella sfera mentale). Il che non è poco quando ci si misuri con un’immaginazione progettuale che, per manifestarsi ed estrinsecarsi nella sua materialità ed operare trasformazioni ambientali, non può che avvalersi di strumenti tecnici.

Non è forse nemmeno questo, però, a frenare architetti e designer nell’accostarsi a un tema tanto importante e affasciante quanto complesso e scivoloso; si tratta piuttosto forse dell’irrinunciabile necessità di avvalersi delle competenze di specialisti nel campo delle scienze cognitive e forse quindi della comprensibile paura di sentirsi in qualche modo violati nel più intimo e segreto ambito del lavoro progettuale.

Le competenze dell’architetto e del designer sono, per loro natura, strutturalmente collegate in rete ad altre, che intervengono però solitamente a valle del primo processo di prefigurazione progettuale; in questo caso, la rete connettiva si spinge invece ben oltre, fino ai processi emotivi, percettivi e cognitivi del progettista.

Tuttavia, questa sinapsi disciplinare e quindi un più impegnativo, strutturato e corale lavoro a livello cognitivo-emotivo sul progetto per l’architettura e il design sembrano sempre più irrinunciabili, non solo considerando le enormipotenzialità sopra evidenziate, ma anche in relazione alla formazione delle nuove generazioni di architetti e designer.

Nel nostro mondo complesso (non a caso cum-plexus, intrecciato con, Cerruti, 2018), sempre più velocemente in trasformazione, potrebbe infatti non aver più senso pretendere di apprendere e insegnare il progetto solo attraverso regole tecnico-costruttive/produttive e precetti stilistici dati per certi e immutabili, come se fossero resistenti a un tempo che potrebbe invece farne giustizia in pochi anni o mesi.

Per permettere un riassetto continuo dei saperi del progettista, adeguato al costante mutamento del contesto culturale e operativo, occorre agire su piani diversi, fornendo – insieme alle conoscenze di base – strumenti metodologici flessibili e di autoconoscenza per l’autoformazione permanente.

In questi termini, sarà sempre più utile lavorare a livello cognitivo ed emotivo, per insegnare ai progettisti ad acquisire una maggiore consapevolezza dei differenti processi mentali attraverso i quali ciascuno, (per fortuna) a suo modo, immagina.

Nell’epoca della trasformazione digitale nella quale stiamo vivendo – forse tra eccessivi entusiasmi o paure (e qualche mistificazione), ma senza la necessaria riflessione critica – questa consapevolezza è peraltro sempre più urgente perché l’impiego di software di progettazione è tanto palesemente indispensabile quanto potenzialmente in grado di alterare in direzioni inaspettate i tradizionali processi mentali che architetti e designer usano per pensare e progettare (intelligenza artificiale vs umana?).

Quello che si intende tracciare in questo numero di GUD, attraverso i contributi richiesti, è quindi un sentiero che vada in una direzione nuova ancora quasi del tutto da esplorare, con argomenti, riferimenti e compagni di viaggio inusuali con i quali confrontarsi sul progetto di architettura e design più a livello di quanto accade nella nostra mente nel pensarlo che sul foglio o monitor per raccontarlo.

Sono quindi importanti, purché centrate sul tema, sia esposizioni di esperienze di ricerca, didattiche e progettuali, sia riflessioni di taglio critico e verranno accolte proposte provenienti sia dall’ambito dell’architettura e del design, sia da quello delle scienze cognitive e delle neuroscienze, con particolare interesse per i lavori frutto di collaborazione.

Andrea Giachetta

Riferimenti bibliografici

Aristotele (IV sec. a.C., pubblicazione di riferimento 2016). L’anima, III, 7, 431 a15-20, a cura di Movia G., Milano: Bompiani, p.255 (VIII ediz.; I ediz. Napoli: Loffredo, 1979).

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Vila-Matas E. (2014). Kassel no invita a la lógica. Barcelona: Seix-Barral (trad. it.: Kassel non invita alla logica, Milano: Feltrinelli, 2015, p. 118).

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Zumthor P. (1998). Thinking Architecture. Baden: Lars Müller Publishers (trad. it: Pensare architettura, Milano: Mondadori Electa, 2015, p.7).

 

Synapse | deadline 13th March 2023

 

SYNAPSE: FUNCTIONAL CONNECTION BETWEEN TWO NEURONS; SÝNAPSIS IN ITS ORIGINAL AND EXTENDED MEANING, CONNECTION.

In the field of architecture and industrial design (but also in other fields), design involves alternating, overlapping, and interfaced modeling processes. According to different situations, cognitive styles, habits, and culture, each designer chooses, consciously or not, the type and sequence of models. These are used to know, understand, explain, and define the object of design.

Those models that architects and industrial designers use are verbal and written narrations, freehand sketch drawings, plastic models, geometric and computer 2D or 3D drawings, structural, physical-technical, and economic models, etc. The project is defined by the continuous and circular exchange of information between these different modeling processes.

Mental images constitute one of the most extraordinary modeling systems for architecture and design. Thanks to these mental images, the designers, through the re-combination of their memories, can prefigure and define the object of their project. They can also simulate how to relate perceptively and kinesthetically to this imaginary object better than with any of the techniques mentioned above.

Through their evocative, explorative, and immersive potentials (being-in-the-work, Sloterdijk, 2004; Valéry, 1921), mental images are the necessary (forsomeone the fundamental) basis for an embodied model that allows architects and industrial designers to represent the project they imagine and not just to design its representation (Giachetta, 2022).

Nevertheless, the model of mental images, despite its great potential, is neglected by the specialized literature; it is not taken into due account for research and teaching in the fields of architecture and design. In every good curriculum of architecture and design, there are, rightly and usually, courses for hand drawing, and CAD and BIM software; if students are lucky, there are laboratories for plastic models, and, again, courses on structural, physical-technical, and economic modeling, etc. but mental image modeling is a topic that almost nobody explicitly tackles.

The reasons for this strange vacuum (which doesn’t affect the artistic field) are different. Above all, mental images are a topic that has always been very complex on which, historically, there has never been a univocal interpretation. From a philosophical point of view, loosely speaking, there is, on the one hand, an idealist perspective (attributable to Plato, Descartes, and Hegel), and on the other, an empiricist perspective (with Aristotle, Locke, Hume). According to the first one, mental images are just epiphenomena; according to the second one, mental images have a substantial epistemic role.

More recently, since the last decades of the previous century, the important Imagery debate, in the field of cognitive sciences, has been characterized bythe opposition of a propositional approach (Zenon Pylyshyn) and a quasi-pictorial approach (Stephen Kosslyn). This dichotomy somehow echoes the philosophical opposition mentioned above.

Perhaps an even more complex problem is related to the very conception of the mind, continually changing. According to the current reading of the extended mind (Clark, Chalmers, 1998; Robinson, 2011; Ihde, Malafouris, 2018;Bruner, 2018), this notion cannot be separated from the embodied-technical-environmental apparatus (which is incorporated into the mental sphere). This is not a negligible detail, if we envisage a design imagination which, in order to reveal and reify itself and achieve environmental transformations, can only operate through technical tools.

However, even this is not the issue hampering architects and industrial designers who face such an important, fascinating, complex, and risky matter as the one of mental images. The actual predicament is that it is unavoidable to invoke expertise of specialists in the field of cognitive sciences. Perhaps, such an interaction may alarm designers who feel somehow intruded in their most intimate and secret work.

Often, architects or industrial designers also make use of expertise in a variety of other fields which are only involved after the first process of project prefiguration. Instead, in this case, the network of connections is much more extensive because it also affects the perceptual, emotional, and cognitive processes of the designer.

Nevertheless, this disciplinary synapse seems increasingly indispensable, together with a more important, structured, and choral work at emotional-cognitive level on the project for architecture and design. We should not only take into account the enormous potential highlighted above but also the importance of the correct training of new generations of architects and industrial designers.

In our complex world (not surprisingly, cum-plexus, interwoven with, Cerruti, 2018), ever faster in transformation, it may not make sense to learn and teach design only through technical, constructive, and productive rules or stylistic precepts given for granted and immutable, as if they were resistant to a time that could instead obliterate them in a few years or even months.

For a continuous setting of the designer’s knowledge, adapted to the constant change of the cultural and operational context, it is necessary to act on different levels, providing – together with the basic notions – flexible methodological tools that allow everyone to know himself as if in permanent self-training.

So, working at a cognitive and emotional level will be increasingly useful to teach designers to have a greater awareness of the mental processes they use to imagine (fortunately, each one in his own way).

This awareness is increasingly compelling in the age of digital transformation in which we are living, perhaps torn between excessive enthusiasm or fears (and some mystification) but without the necessary critical reflection. The use of design software is as obviously indispensable as it is potentially capable of altering in unexpected directions the traditional mental processes which architects and industrial designers use to think and design (artificial vs human intelligence?).

In this issue of GUD, we want to trace a way that goes in a new direction, and it is yet to be explored, with unusual topics, references, and travel companions. The aim is to confront each other about the project at level of our mental process of thought rather than showing it on paper or monitor.

On this topic, we seek papers on research, teaching, and professional experiences or critical reflections. Proposals from the fields of architecture and industrial design or cognitive sciences and neurosciences will be welcome,with a particular interest in collaborative works.

Andrea Giachetta

Bibliography

Aristotle (4th cent. BC, reference publication 2016). L’anima, III, 7, 431 a15-20, edited by Movia G., Milan: Bompiani, p.255 (8th ed.; 1st ed. Naples: Loffredo, 1979).

Bruner E. (2018). La mente oltre il cranio. Prospettive di archeologia cognitiva. Rome:

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Clark A., Chalmers D. (1998). ‘The Extended Mind’. Analysis, V58, no.1, pp.7-19.

Della Porta G. B. (1589). Magiae Naturalis, Neapoli: Oratio Saluiani, p.488 (vulgar

translation: Della Magia Naturale, Naples: Antonio Bulifon, 1677). Cited in Maldonato (1992, p.9).

Giachetta A. (2022 Architettura e immagini mentali. Processi cognitivi per il progetto dello spazio costruibile nell’era della complessità. Milan: FrancoAngeli.

Guazzo G. (2003). I molti modi del pensiero progettuale. In Bertoldini M. and Zanelli A. (eds.). Tecnica Progetto e scienze umane. Milan: CLUP.

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Kosslyn S.M. (1983). Ghosts in the Mind’s Machine. Creating and Using Images in the Brain. New York: W.W. Norton and Co. (translated: Le immagini nella mente. Creare ed utilizzare le immagini nel cervello, Florence: Giunti, 1999, p. 17).

Mallgrave H. F. (2013). Architecture and Embodiment. The implications of the New Sciences and Humanities for Design. New York: Routledge – Taylor & Francis (translated: L’empatia degli spazi. Architettura e neuroscienze. Milan: Raffaello Cortina Editore, 2015, p.71).

Maldonato T. (1992). Reale e virtuale. Milan: Feltrinelli Editore.

Pallasmaa J. (2005). The Eyes of the Skin. Architecture and the Senses. Chichester: John Wiley & Sons (Italian translation: Gli occhi della pelle. Milan: Jaca Book, 2007, p.17).

Ripa C. (1613). Iconologia. Siena: Heredi di Matteo Florimi. Cited in Guazzo (2003, p.29).

Robinson S. (2011). Nesting: Body, Dwelling, Mind. Richmond: William Stout Publishers (translated in: Nesting. Fare il nido. Corpo, dimora, mente. Pordenone: Safarà, 2014, p.39).

Sartre J. P. (1940). L’imaginaire. Psychologie phénoménologique de l’imagination. Paris: Gallimard (Transl. it.: Immagine e coscienza. Torino: Giulio Einaudi, 1964, p.13).

Sloterdijk P. (2004). Sphären III. Schäume, Frankfurt am Main: Suhrkamp (translated in Italian: Sfere III. Schiume, Milan: Raffaello Cortina, 2015, pp.501-503).

Valéry P. (1921). Eupalinos ou l’Architecte. Dialogues des morts. In Suë L. et Mare A. Architectures. Paris: Ed. de la Nouvelle Revue Française (transl. it.: Eupalinos o l’Architetto,edited by Scapolo B., Milan-Udine: Mimesis, 2011).

Vila-Matas E. (2014). Kassel no invita a la lógica. Barcelona: Seix-Barral (transl. it.: Kassel non invita alla logica, Milan: Feltrinelli, 2015, p. 118).

Wittgenstein L. (1921). ‘Logisch-Philosophische Abhandlung’. Annalen der Naturphilosophie, 14; (1922) Tractatus Logico-Philosophicus. London: Kegan, Trench,Trubner, 1922 (transl. it.: Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, edited by Conte A. G., Turin: Einaudi, 2009, p. 32; 1st ed. 1964). Note: the title Tractatus Logico-Philosophicus appears from the 1922 edition with English text opposite.

Zumthor P. (1998). Thinking Architecture. Baden: Lars Müller Publishers (transl. it: Pensare architettura, Milan: Mondadori Electa, 2015, p.7).